E ci risiamo: il caso Riccò ha di nuovo scatenato le polemiche contro il ciclosmo, ma leggendo qua e la, qualcuno giustamente dice: “se gli altri sportivi fossero controllati come i ciclisti, ci sarebbero molti più casi di doping anche in sport come calcio, rugby, tennis, atletica, ecc.”.
Ma la cosa preoccupante secondo me è un altra: è il doping della domenica, il doping fai-da-te, il doping dove il controllo antidoping non c’è.
Quello dei culturisti palestrati che assumono “di tutto” per poter sfoggiare i muscoli in spiaggia.
Quello dei MTBiker che assumono farmaci per arrivare nei primi 1000 della “Gran Fondo dell’Amatore”.
E non lo dico solo io girando per i paesi vicini a vedere le garette della domenica, lo dicono anche illustri medici, come il professor Mauro Salizzoni, chirurgo del fegato e già responsabile antidoping della Federciclismo: “Comprare doping è la cosa più facile del mondo. Se si vuole l’Epo, basta pagare: in Italia, oppure a Lugano. Il problema è legale e sociale al tempo stesso: una cultura malata propone modelli assurdi che gli sportivi senza cervello seguono meccanicamente. Non sapendo, forse, che l’ormone della crescita fa scoppiare cuore e fegato e che l’Epo porta alla trombosi. Almeno venticinque atleti, in Italia, sono già morti così”.
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