Il tutto e il niente

Ripesco dal passato questo mio scritto pubblicato su “Cresciuto in Oratorio”.

Credevo di averlo postato sul blog, invece non l’ho più trovato… evidentemente ho solo pensato di farlo…

RACCONTO: Il “tutto e niente” di Igor Brusetti

In Oratorio non ho imparato nulla, ma ho imparato tutto.

Non sapevo suonare la chitarra, e non ho mai imparato, però mi sono appassionato alla musica e ho iniziato a suonare la tromba nella banda.

Non sapevo cantare, e non so cantare nemmeno adesso, ma ho fatto un sacco di recital, musical, canzoni coi bambini, sul pullman e sul palco.

Non sapevo recitare, ma mi hanno fatto calcare spesso il palcoscenico, da Giona nella balena a Giuseppe con Maria e il nastro isolante, e le operette, i recital con gli adolescenti.

Non sapevo cosa fosse un mixer, ma mi ci hanno messo dietro spesso, che fosse quello delle luci, dei microfoni, che fosse un occhio di bue o una macchina del fumo.

Non sapevo ridere, mi vergognavo ad esibirmi, ma con un corso di clownerie, son 30 anni che con gli amici di allora portiamo qualche sorriso in giro per palchi, feste e Oratori.

Non ho imparato niente, ma mi hanno insegnato a stare al mondo, a sopportare, a fare senza preoccuparsi troppo di chi guarda e critica, a donare senza aspettarmi niente in cambio, a dire le cose con chiarezza, a mandare giù certe volte, e a urlare certe altre.

Ho imparato tanto… e forse anche insegnato qualcosa.

Ciao Oscar

Ci sono persone che nella vita ti passano accanto per poco tempo ma delle quali conservi un ricordo o un immagine.
Quando i ricordi sono quelli dei primi anni di scuola non sono nemmeno così nitidi.
E ti viene da scriverli, perché già non ricordi cosa hai mangiato per cena, e non vuoi correre il rischio.

Ieri ho letto la notizia della scomparsa di Oscar e ho faticato a tirar fuori dai cassetti nascosti della memoria questi ricordi polverosi, di bambini che per un paio d’anni, forse più forse meno, hanno frequentato la stessa classe delle elementari. Quell’amore – odio che c’è a sette anni, quando si sta bene insieme ma ci si tiene il muso per tutti i piccoli screzi, del perché giochi con gli altri e non con me, del papà che era super perché lui suonava, della casa in Campella…
Poi Oscar e la sua famiglia cambiarono casa, scuola, paese. Scoprire ora che la musica, in modi completamente diversi, ha guidato le rispettive vite fa un po’ male pensando a quello che ‘poteva essere’, alle strade separate che forse, per un tratto un po’ più lungo, potevano andare insieme.
È strano pensare che nelle bande, che pure hanno avuto un peso importante nelle nostre vite, in questi 44 anni non ci siamo mai incrociati.

Ciao Oscar, ti ricordo così, coi nostri cappottini anni ’70 e le cartelle in simil-cartone e le palle di neve e la strada fatta a piedi, insieme, da scuola a ‘crusivià’…
Chissà se anche lassù c’è da suonare…

il difficile rientro

[traduzione estemporanea]
“Whoa, l’estate è quasi finita. Meglio controllare la mia lista estiva delle cose da fare”.
ESTATE: il posto in cui le to-do-list vanno a farsi benedire

L’estate sta finendo

Arriva settembre e come promesso (minacciato?) ricomincio a scrivere.

Questo mese di agosto appena trascorso è stato veramente faticoso, costellato da una serie di eventi sfigati (no, non sfortunati, veramente sfigati) come non mi era mai capitato.

Un veloce riassunto:

  • in vacanza mia moglie è caduta dalle scale e si è fratturata il 5° metatarso del piede destro. 25 giorni di gesso e altri 15 di riabilitazione  (non ancora terminata). Vacanza faticosa ma grazie agli zii e alla nipote siamo riusciti a portarla a termine.
  • ho perso il conto di quante volte Francesco è caduto e ha battuto la testa, si è persino fatto un bernoccolo sul bernoccolo del giorno prima.
  • ho divelto la fotocellula del cancello e rotto il ripiano di vetro del frigorifero dell’appartamento dove eravamo in vacanza.
  • Gabriele si è ammalato con 39 di febbre e brividi notturni, ci ha fatti spaventare parecchio ma per fortuna si è ripreso da solo in un giorno.
  • di ritorno dalle vacanze ho avuto l’amara sorpresa di non trovare più la mia bicicletta, rubata dal cortile di casa dove era parcheggiata.
  • mio fratello, sua moglie e sua suocera sono caduti tutti e tre, uno dalle scale, le altre dal marciapiede (!), e anche la suocera si è rotta un metatarso.

A conti fatti ho riposato poco, ma tutto sommato non è successo niente di così grave, anzi nella sfortuna è uscito anche qualcosa di positivo, anzi di molto positivo (che non vi scriverò).

E adesso si ricomincia a lavorare, ricominciano a riempirsi le liste delle cose da fare (che ad agosto si sono “fermate” magicamente),  ripartono tutte le attività, ma soprattutto Gabri inizia la scuola… che emozioni! Ci sarà di sicuro qualche lacrima, ma sono convinto che al Gabri la scuola piacerà.

In bocca al lupo piccolo grande Gabri!

Torino – Parre, momenti di gloria!

Pubblico integralmente la “nota” scritta dal mitico Gagia su Facebook, perché riassume alla grande lo spirito goliardico che ci ha animato e la fatica che è arrivata inevitabilmente.

Torino-Parre, 23-24/09/2011. Una corsa da ricordare.

Torino-Parre Diario di viaggio semiserio by Vittorio Milesi.

Ore 14.36. Si parte [da Parre]. Siamo in nove sul pullmino più goliardico della carovana. Ce ne sono tre della gloriosa classe del 1973 (che pagheranno da bere dopo questa lecchinata), e tre dell’ancora più gloriosa classe del 1985. Le cazzate si sprecano già alla fine della Rata. Poi la strada prende il sopravvento e il pensiero è rivolto verso la meta. Torino, Basilica di Maria Ausiliatrice.Igor ci racconta un aneddoto sulla prima tappa (Livorno Ferraris, che non è in Toscana), dicendo che alcuni atleti del posto avrebbero avuto piacere nel correre con noi. Ma dopo aver saputo l’orario (le dieci di sera), hanno gentilmente rinunciato. Strada troppo pericolosa. Bene direi.Il Prof è sempre coglione come ai vecchi tempi, quando tentava di darci lezioni di matematica, schivate abilmente dal sottoscritto. “Con questo cappello sono ancora più brutto del solito”, aggiunge Dano. Il Micio invece rilancia con: “Siete tutti figli di Moggi”, rimembrando giochi andati con la palla. Esce anche una ‘Schuko’, riferito – ovviamente – ad una spina (questa è da spiegare a parte, anche se qualcuno, collegando le sinapsi, potrebbe arrivarci).”Brecco brecco lo stambecco” continua Dano, sempre ricordando i bei tempi passati, e mentre si collega con l’ambulanza, scherza un po’ con Bubu, dandogli della ‘Mondina’ (vedi parentesi precedente).In autogrill Botti spara: “Le regole sono per gli indecisi” (cit.), vedendo Sandro procedere in contromano. Ripartiti, il Micio improvvisa un passo di Dirty Dancing, facendo rigirare nella tomba il povero Patrick Swayze. Arriviamo a Torino verso le 18, in leggero ritardo per la benedizione, ma credo che il salesiano che ci attende se ne farà una ragione, e cenerà una mezz’oretta più tardi del solito. Ore 18.15. Il Salesiano benedice la fiaccola, si stupisce per il tragitto che dobbiamo percorrere (gli lampeggia in fronte ‘sti cazzi!’, ma deve autocensurarsi per ovvi motivi), si intasca l’accendino di Chetto e dà ufficialmente il via alla corsa. Il primo tedoforo sarà il Mara, che porterà la fiaccola fuori città. Partenza alle 18.30. Nei primi 25 minuti lo perdiamo due volte, ma il nostro prosegue senza battere ciglio. Siccome il pullmino A si impantana nel traffico di Torino, lo seguiamo noi, e sono Igor e mauri che danno il cambio, anche se per pochi chilometri. Non ci fosse il pullmino C, addio. Dopo un’ora di patimenti, l’ambulanza e il pullmino A riescono finalmente a collegarsi con noi, e la corsa, così com’era stata pianificata, può cominciare. Noi prendiamo per Livorno Ferraris dove, prima o dopo, dovremmo cenare. Alle 20.10 siamo in loco. L’ospitalità è ai massimi storici, tanto che appare pure una bottiglia di prosecco, che devo dire si sposa benissimo con la corsa. Alle 20.30 arriva la Logistica (alleluja). Mentre aspettiamo la pasta, la goliardia cresce, man mano che le bottiglie di rosso calano (un calicetto non farà male, no?). Si cena alle 21.15. Sulle nostre testoline c’è il pericolo del satellite, che potrebbe colpirci in piena corsa. Le prospettive per la notte sono ottime. Alle 21.40 il pullmino C se ne va: prossima tappa Carpignano Sesia, con tanto di cantata e puttanate varie. Bisognerebbe anche iniziare a dormire, ma ho il timore che sarà quasi impossibile. Dano cita il Vangelo, poi si beve il cervello e sbaglia il numero di telefono per avvisare del nostro imminente arrivo, facendo una discreta figura di cacca. E confermandosi, neanche ce ne fosse stato il bisogno, il più deficiente. Giusti sul posto Don Beppe ci offre una stanza per dormire e un bicchiere di quello buono. Più altre tre bottiglie omaggio della casa. Altra accoglienza coi fiocchi. Iniziamo a chiederci chi correrà. All’una di notte siamo tutti svegli, e ci raggiungono il pullmino A e la Logistica, per cercare quel sonno che noi, anche sforzandoci, non abbiamo trovato.

Gualti lo trova sdraiato su un tavolo sotto il porticato, Duilio allungato su una panca nel parchetto giochi, i corridori comodamente adagiati sul pavimento duro e bello fresco. Per loro la sveglia suonerà alle 4.30. Noi imminenti tedofori vaghiamo senza meta per ingannare l’attesa. Alle 2.25 arriva il pullmino B. Passaggio del testimone. Parte Gio. Poi il turno prevede Bosio, il sottoscritto, il Micio, Igor, Mauri e infine Diana. Gio si lamenta (eufemismo) perché il rettilineo che percorre non finisce più; Bosio, quando risale dopo la sgambata, si batte il petto tre volte, come le donne sotto la croce di Gesù, ed esclama: ‘Col cuore!’. Il mio piano di non correre tra le 3.34 e le 4.12 salta mestamente, anche se il pericolo dal cielo sembra essere scampato. Chiudiamo ad Arsago Seprio alle 5.55 e ci tocca aspettare mezz’ora abbondante perché il pullmino A e la Logistica si sono persi ad una rotonda per l’ennesima volta. Noi ci imbarchiamo per fare 80 km e raggiungere Locate, partenza dell’ultima tappa. Don Mauro ci ospita in una stanza, dove (non) riusciamo a dormire un paio d’ore. Almeno ci diamo una sciacquata. ‘Io aborro il termine passeggiata’, sentenzia Dano dopo aver ricevuto un sms sullo spiritoso andante. Ne spara un’altra: ‘Non sono quelle le pannocchie che contano’. Alle 12.30, dopo pranzo, siamo un po’ svaccati. È la quiete prima dell’ultima tempesta di chilometri. ‘Non è il porcello che diventa vecchio, ma il vecchio che diventa porcello’, e saltano fuori pure discorsi sull’andropausa.

Intorno alle 13.45 arriva il pullmino B per l’ultimo passaggio di consegne. Gio impugna il testimone e dà inizio alla tappa numero sei, con destinazione Parre. Passiamo in rassegna i paesi appena fuori Bergamo, prima di immergerci nella city. Igor, nell’abitato di Nembro, veste i panni di clown, con tanto di naso rosso e tiranti multicolor. La carovana ci raggiunge ad Albino. Noi facciamo una sosta tecnica (motivi fisiologici) a Gazzaniga, poi riprendiamo di buona lena, anche se siamo in anticipo di quasi due ore sulla tabella di marcia. Il gruppo unito e compatto si raduna al Ramello. Sono le 17.30 e abbiamo un’ora e mezza di tranquillità. Ripercorriamo con la memoria le ultime ventiquattro ore, ridendo per gli errori di percorso (neanche pochi). Alle 19, dopo un bicchiere di rosso (sempre grazie a Don Beppe), Mauri inizia l’ultimo tratto della nostra personalissima maratona. Porta la fiaccola fino ai piedi della Rata, poi Gio si sciorina tutta la salita fino in Piazza S.Rocco. Lì i corridori scendono e, con in testa Diana, salgono fino a raggiungere l’Oratorio. Il colpo d’occhio è di quelli che quasi non ti aspetti. Gli applausi si sprecano e, devo ammetterlo, quasi scende la lacrimuccia. Accompagnati dalle note della Banda, ci riuniamo attorno al braciere.

Diana accende il fuoco che accompagnerà questo anno. Poi doccia. E cena. Finalmente.

Credo di dover ringraziare tutti, ma proprio tutti. Da chi ha avuto l’idea di riprovare questo tipo di esperienza, 12 anni dopo. A chi si è fatto coinvolgere senza tante storie. A chi ci ha seguito e ci ha dato supporto. A chi ci ha dato ospitalità. A chi ci ha applaudito. E a chi ha condiviso, anche sono “spiritualmente”, la nostra corsa. Grazie mille.

Un breve commento anche da parte mia:
Per l’ennesima volta mi è stato dimostrato che la solidarietà tra persone che condividono la stessa passione va ben oltre i confini dei nostri paeselli.
Il vulcanico Mario Donato, presidente della proloco di Livorno Ferraris, non ha esitato un secondo a darci il suo appoggio logistico per la cena del venerdì sera, ospitandoci nei locali del centro sportivo gestito dalla sua proloco. Ovviamente gratis!
Lo stesso per Don Beppe di Carpignano Sesia o per Don Mauro a Locate (ok, Don Mauro è un compaesano quindi siamo andati sul sicuro almeno in questo caso).

L’accoglienza che ci è stata riservata al nostro arrivo a Parre mi ha fatto veramente commuovere: noi 25 pazzi siamo arrivati correndo dietro alla mitica Diana, unica donna della spedizione.
Il piazzale dell’Oratorio era gremito di gente, che applaudiva.
E il groppo in gola era di quelli da togliere il fiato.

L’ho già detto che in questo periodo piango per tutto?